Per questo argomento vi proponiamo un testo tratto dal libro di una delle massime esponenti del metodo Montessori in Italia. Buona lettura!
“Il periodo di ambientamento, agli inizi della frequenza di ogni bambino, si è dimostrato essenziale per l’attuazione del progetto. Se realizzato con la massima cura, l’ambientamento è fattore di prevenzione sia delle carenze affettive dei piccoli, sia dei comportamenti ansiosi dei genitori e degli adulti che lavorano nel Nido: ambientamento, cioè, come passaggio graduale dalla vita “a due” al rapporto con gli altri bambini e con altri adulti.
Per un tempo minimo di due settimane, comunque pensato e adattato al singolo bambino, l’ambientamento costituisce per tutti coloro che vi sono coinvolti un’esperienza piena di forti risonanze emotive, molte delle quali riconducibili alle difficoltà “della prima volta” e tali da rendere complessa la comunicazione interpersonale. Non è agevole una situazione in cui per la prima volta si intrecciano emozioni di adulti e di bambini profondamente legati fra loro con quelle di persone che conoscono poco o affatto: emozioni che vanno elaborate, trasformate, interpretate, spesso in tempi rapidi.
La qualità della vita in un Nido dipende moltissimo dai primi giorni, così come dall’entrata e dall’uscita quotidiane: tre momenti spesso sottovalutati, che invece, a un’analisi più attenta e meditata, appaiono fondamentali per la vita di relazione di un bambino al disotto dei tre anni di età. Riguardo ai genitori occorre riflettere sull’isolamento e sulle difficoltà legate alla vita urbana, all’ansia provocata dalla separazione dal figlio e dal doverlo affidare a persone ignote.
Per le educatrici non sono pochi i problemi di identificazione con i vissuti del bambino e dei suoi familiari.
Per il bambino, infine, soprattutto nei primi mesi d’età, non bisogna sottovalutare la mancanza improvvisa di impressioni ormai stabilizzate rispetto alla madre o alla casa, il timore di perdere un legame per lui vitale, la paura di sensazioni nuove e impreviste sia pure mista alla curiosità, al piacere di incontrare un coetaneo o di avere fra le mani un oggetto interessante.
Tutto questo si supera con gradualità, con delicatezza di interventi, mettendo a proprio agio i genitori senza essere invasivi né troppo propositivi, lasciando al bambino il tempo di superare egli stesso la “distanza di sicurezza” che frappone fra sé e le cose che non conosce, comunicando la fiducia – anche nel personale del Nido – che ogni difficoltà o resistenza verrà superata con elasticità e con osservazione paziente.
Una volta completato il periodo di ambientamento, i bambini sviluppano la loro capacità di vivere molte ore lontano dai genitori e dalla casa. Perché ciò si realizzi senza sofferenze, in modo ‘attivo’, non imposto né subito, è necessario che il distacco dai genitori avvenga nel rispetto dei tempi e dei ritmi del singolo bambino e concordato con loro.
Conquista dopo conquista, diviene operante solo dopo che ha trovato punti di riferimento stabili sia tra gli adulti, sia nell’ambiente, tanto da giungere a percepire il Nido stesso come un’estensione della propria casa e della propria famiglia.
La compresenza delle educatrici, vero e proprio momento progettuale della vita al Nido, assicura risposte adeguate e individualizzate, e personalizza il rapporto tra adulto e bambino in un modo che risulta fondamentale per un sano sviluppo emotivo.
Personalizzandosi, tale rapporto si libera da modalità di esortazione o di ingiunzione (così frequenti nelle istituzioni infantili), per diventare comunicazione affettuosa, mai sostitutiva né seduttiva. L’educatrice stabile di riferimento è l’elemento di sicurezza che tuttavia lascia libero il bambino di agire secondo ritmi e interessi propri: un nuovo legame che rassicura e che garantisce la libertà di agire in spazi altrettanto rassicuranti.”
Estratto da “Montessori: perché no?” a cura di Grazia Honegger Fresco